Per le startup le ICO rappresentano un metodo di finanziamento che ricorda il crowfunding, un grande trend che ha comportato lo sviluppo di progetti di successo che altrimenti non avrebbero mai visto la luce. Come accade spesso quando parliamo di tecnologia, l’innovazione viaggia più veloce della regolamentazione; questi scogli non hanno comunque impedito al fenomeno di affermarsi come uno dei grandi trend tecnologici del biennio 2017/2018. Valutare la qualità e il margine di successo di un progetto legato a una ICO, comporta delle analisi approfondite che implicano un approccio trasversale. La tecnologia blockchain – assieme a Big data, IoT e intelligenza artificiale – rappresenta uno dei pilastri della nuova rivoluzione industriale che sta investendo il nostro secolo. Il World Economic Forum sostiene che entro il 2025 il 10% del pil mondiale sarà prodotto tramite blockchain e sono molte le banche, le grandi aziende e le multinazionali che hanno inaugurato progetti pilota basati su questa tecnologia.
L’affermarsi del fenomeno della blockchain e delle criptovalute ha comportato, di riflesso, l’esplosione di quello delle ICO (Initial Coin Offering), senza le quali non si sarebbe creata l’attenzione che il fenomeno è riuscito ad attirare negli ultimi due anni. Nello specifico si tratta di un innovativo metodo di finanziamento per le startup che, in cambio dei fondi necessari allo sviluppo della propria tecnologia, distribuisce agli investitori alcuni token, ovvero la criptovaluta legata al progetto.
L’acronimo ICO ricorda infatti la più istituzionale IPO (Initial Public Offering), pur riportando differenze significative. In primo luogo, chiunque può inaugurare una raccolta fondi mediante ICO senza passare da investitori istituzionali; raccolta che garantisce all’azienda un margine di indipendenza non consentita dalla cessione di quote azionare. Inoltre, anche l’investitore retail può partecipare alla campagna di finanziamento. Questo spiega il grande successo del fenomeno che dal 2017 a oggi ha consentito alle varie startup di raccogliere oltre 28 miliardi di dollari. Si tratta di cifre molto importanti, soprattutto se si considera che il fenomeno è ancora in fase di regolamentazione da parte delle autorità dei vari Stati, salvo alcune eccezioni virtuose, tra cui la Svizzera e Malta che dispongono già di un framework normativo a riguardo.
I vantaggi per chi partecipa a una ICO sono molteplici: in primo luogo potrà convertire i token per usufruire dei prodotti e servizi sviluppati dalla startup, utilizzandoli come unità di conto e mezzo di scambio nel sistema di riferimento. In secondo luogo, se il progetto avrà successo (aumentando quindi la domanda dei token a esso collegati), l’investitore vedrà ripagata la sua propensione al rischio con un importante ritorno sull’investimento, specie se avrà partecipato alle prime fasi di finanziamento, sulla scorta del meccanismo di domanda e offerta. Infine questi potrà convertirlo in valuta fiat o altre criptovalute sugli exchange.
Per le startup si tratta invece di optare per un metodo di finanziamento che ricorda il crowfunding, un grande trend che ha comportato lo sviluppo di progetti di successo che altrimenti non avrebbero mai visto la luce. Questo perché il meccanismo di finanziamento è democratico, aperto a tutti, consentendo una scalabilità e uno sviluppo senza precedenti.
Come accade spesso quando si parla di tecnologia, l’innovazione viaggia più veloce della regolamentazione, per questo motivo i token distribuiti durante una ICO sono considerati degli strumenti finanziari ad alto livello di rischio. A differenza della più istituzionale IPO, l’investitore non dispone ancora di una vera tutela e la scarsa conoscenza del fenomeno da parte di alcuni piccoli investitori ha comportato la perdita di ingenti somme; spesso si trattava di finanziare progetti che, una volta conclusasi la raccolta fondi, non riuscivano nello sviluppo successivo o che si sono arenati perché gli obiettivi promessi erano troppo grandi per essere mantenuti.
Questi scogli non hanno comunque impedito al fenomeno di affermarsi come uno dei grandi trend tecnologici del biennio 2017/2018, anzi ha sollecitato le autorità a impegnarsi per trovare al più presto un quadro normativo che ne agevoli ulteriormente lo sviluppo, in modo da consentire l’ingresso di altre realtà in questo mercato. Ciononostante, valutare la qualità e il margine di successo di un progetto legato a una ICO non è un compito semplice, poiché comporta analisi approfondite che implicano un approccio multidisciplinare che spazia dalla valutazione dei fondamentali tecnologici alle considerazioni di carattere prettamente finanziario, fino all’ analisi delle risorse umane che compongono il progetto.
A tal proposito, l’associazione The Blockchain Council – costituita dalla Associazione Italiana Sviluppo e Marketing e da Excellence Consulting, società di consulenza del settore bancario – in uno studio dal titolo “TMXICO: un modello di valutazione delle ICO” ha pubblicato il primo indice italiano per la valutazione delle Initial Coin Offering. Lo studio si propone di valutare rischio e performance delle ICO in esame, monitorando anche lo sviluppo successivo alla raccolta fondi. Lo scopo è fornire un paniere di ICO virtuose a investitori quali Venture Capital o grandi realtà del settore, selezionando solo progetti realmente innovativi e dal grande potenziale. I risultati della prima applicazione su un campione di 50 ICO sono stati presentanti all’evento “Blockchain Challenge”, tenutosi il 14 novembre 2018 presso il Campus Reti di Busto Arsizio.
Lo scopo della valutazione è proprio quello di concentrarsi – analizzandone nel dettaglio le potenzialità – solo sulle ICO davvero virtuose, eliminando immediatamente i progetti meno validi. Delle 50 ICO esaminate, il 6% ha ricevuto il rating A+ e il 20% quello A, indicatori di livelli minimo di rischio, il 30% rating B e B+ (rischio medio), mentre il restante 44% non ha passato il test preliminare. Ai fini dell'analisi sono state messe a punto metriche specifiche, solo per citarne alcune: analisi del team e degli advisor, partnership, analisi della presenza digitale, studio del whitepaper, analisi del prodotto, business plan, valutazione del network effect, vision e market potential fino alla presenza di un prodotto minimo disponibile.
The Blockchain Council, insieme a Reti Academy, si impegna nel training di quadri e dirigenti aziendali, presentando un mini master adatto ai vari profili professionali, il cui scopo è formare queste figure sui fondamentali della blockchain, case studies e applicazioni concrete all’interno della propria azienda. A tal proposito è stata introdotta nel pacchetto formativo l’esclusiva della ricerca relativa il modello di valutazione, il metodo adoperato e le soluzioni intraprese in modo da fornire ai partecipanti strumenti necessari per comprendere il fenomeno ICO e le sue varie declinazioni, i trend che si affermeranno in questo settore nel prossimo biennio, tempi e modalità di questa nuova transizione tecnologica per la quale bisogna farsi trovare preparati, per non rimanere indietro.